L'igil
Strumento tradizionale del Tuva, ex repubblica sovietica ai confini con la Mongolia, l'igil ha due corde, e viene suonato con un archetto. Noto anche come ikil nella Mongolia occidentale, presenta un manico e una cassa armonica, generalmente realizzati pino o larice. La cassa armonica è ricoperta con una pelle animale o con una sottile tavola di legno. Le corde, anche quelle dell'archetto, sono tradizionalmente ricavate da crini di cavallo, ma possono anche essere in nylon. Esattamente come nel Morin khuur della Mongolia, anche l'igil presenta una testa di cavallo intagliata alla fine del manico.
Viene suonato in posizione quasi verticale, simile come posizione alla viola da gamba. La tecnica classica per suonare lo strumento prevede di toccare le corde con le unghie o con la punta delle dita, ma senza esercitare pressione sulle corde stesse. L'igil non ha tasti e l'archetto viene impugnato con una modalità che ricorda anch'essa quella dell'arco da viola da gamba. Lo strumento aveva un intero genere dedicato, con un repertorio di canzoni pensate per essere suonate solo con l'igil. Durante il periodo sovietico nel Tuva vi furono vari tentativi di "modernizzare" l'igil. Non furono in realtà altro che tentativi di rendere lo strumento più simile agli strumenti ad arco occidentali. Tuttavia gli strumenti e gli stili musicali utilizzati dalla maggior parte dei musicisti tuvani attuali sono generalmente gli stessi di quelli tradizionali. Alcuni famosi suonatori di igil sono Ak-ool Kara-sal, Kaigal-ool Khovalyg e Evgenii Saryglar. Una delle spiegazioni possibili della decorazione intagliata a testa di cavallo presente alla fine del manico dello strumento è ritrovabile in un'antica leggenda tuvana che racconta proprio la vicenda a cui seguì la nascita dello strumento.
Molto tempo fa vi era un uomo Ösküs-ool, che viveva con il suo vecchio padre e la cui intera ricchezza consisteva in tre capre. All'inizio della primavera una delle vecchie cavalle di Noyon partorì e morì di sfinimento. Il suo padrone ordinò che il puledro venisse portato nella steppa e gettato ai lupi, dicendo che perdere un solo puledro non lo avrebbe reso povero. Ösküs-ool ebbe pietà del puledro, prendendolo come suo e nutrendolo con il latte delle sue capre. Il puledro crebbe fino a diventare un meraviglioso cavallo da corsa grigio con una stella bianca in testa. Nelle corse il cavallo di Ösküs-ool iniziò a battere tutti gli altri cavalli e a guadagnarsi fama in tutta Tuva. Per odio e disprezzo, il suo vecchio padrone ordinò ai suoi uomini di uccidere il cavallo di Ösküs-ool, e la guidarono su una scogliera alta.
Ösküs-ool, non trovando il suo amato cavallo da nessuna parte, svenne dalla fatica, sognando il suo cavallo che gli parlava con voce umana. "Troverete i miei resti in fondo alla grande scogliera. Appendi il mio teschio su un vecchio larice, il cui legno userai per creare uno strumento musicale, e il suo volto sarà la pelle del mio muso, e le sue corde saranno dei capelli della mia coda. Quando inizi a suonare su questo strumento, il mio doppio verrà da te dal regno celeste. "Ösküs-ool fece tutto ciò come aveva detto il suo cavallo nel sogno e cominciò a suonare. Ricordava il suo cavallo e come giocavano insieme, ricordava come avevano vinto le gare, suonava e piangeva, ed era come se lo strumento piangesse insieme a lui. Ösküs-ool si arrabbiva pensando al male che il vero padrone del cavallo aveva fatto alla povera bestia, e la sua rabbia trovava sfogo nel suo modo di suonare: è per questo che si dice che l'igil sia uno strumento così complesso, con così grandi possibilità espressive.
Öksüs-ool suonò a lungo, e la gente ascoltò, rise e pianse insieme a lui mentre ascoltavano. All'improvviso, in cima a un'alta montagna, le nuvole si aprirono e dal cielo scese un bellissimo puledro grigio, una copia esatta del suo cavallo, insieme ad un intero branco di cavalli bianchi e neri.
Da loro in poi, così dicono, i tuvani non gettano il teschio di un cavallo per terra, ma lo appendono sempre su un albero.