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Igor Stravinskij


Nato a Lomonosov nel 1882 Igor Fedorovic Stravinskij può essere considerato il massimo artefice della musica contemporanea. Non c'è tendenza, fra le tante dell'arte moderna, che egli non abbia prevenuto con qualche aspetto della sua multiforme opera. Sue doti tipiche furono la solidità della costruzione musicale sormontata su una forte impalcatura ritmica, coadiuvata da un potentissimo dinamismo condito dalla capacità di dipingere il tutto con i più vivaci e luminosi colori orchestrali. Nelle sue opere il limite tra umanità e artificio è sempre presente ma accuratamente nascosto. Separata dalla visione scenica la sua musica non perde del suo valore, perché in essa Stravinskij ha già attuato quel suo ideale di musica che non commenti un'azione, ma che riproduca in sè il dramma, trasponendo in un piano di valori sonori il dinamismo dei contrasti psicologici. Stravinskij ridonò alla musica la linearità e la solidità, la ricondusse all'autonomia, sostituì allo sfaccettamento sonoro dell'impressionismo la coerenza logica di un organismo musicale che estrae soltanto da se stesso le proprie leggi e le proprie esigenze costruttive. In tutto ciò la parodia divenne la categoria fondamentale di Stravinskij, non necessariamente intesa nel senso di caricatura burlesca, bensì di travestimento: travestimento a scopo di appropriazione, secondo una pratica che era stata ben nota nella musica religiosa del medioevo, del rinascimento, della riforma e della controriforma. Si sforzò di afferrare e annettere a se tutte le grandi e tipiche istituzioni musicali del passato, in un continuo tentativo di conquista della civiltà occidentale in toto. Non si limitò ad una superficiale e divertente imitazione stilistica, ma le voci del passato furono rivissute in un travaglio di intensa partecipazione personale, fino a diventare parte essenziale di lui, elementi costitutivi del suo spirito che si attua con originalità attraverso la consapevolezza del dislivello storico tra se stesso e il livello di volta in volta preso a partito. La felicità di un raggiunto equilibrio spirituale, in un mondo interiore fatto di nativa barbarie e conquistata cultura.

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